Pubblicati i primi risultati dello studio HYPERCAN sull’associazione tra coagulazione e cancro

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In questi  mesi, in cui il Covid ha capovolto le vite di tutti noi, la ricerca su cancro e trombosi non si è fermata. Il team di ricerca diretto dalla Dott.ssa Anna Falanga ha continuato a lavorare e siamo felici di potervi presentare i primi risultati dello Studio Hypercan, supportato dalla nostra Fondazione.

Lo studio HYPERCAN (HYPERcoagulation in CANcer), iniziato nel 2012 grazie al contributo di AIRC e attualmente supportato da Fondazione ARTET, è uno studio italiano multicentrico coordinato da Anna Falanga, Direttore del Centro Trasfusionale dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, volto a studiare la correlazione tra lo stato di ipercoagulabilità (forte attivazione della coagulazione del sangue) e lo sviluppo di una neoplasia.

Obiettivo principale dello studio è di stabilire se alterazioni di alcuni marcatori di attivazione della coagulazione possono identificare precocemente la presenza di un tumore in soggetti sani oppure se gli stessi marcatori, nei pazienti già ammalati di cancro, possono identificare coloro i quali hanno un più elevato rischio di ricaduta o sono resistenti alle terapie in corso. Nello studio HYPERCAN sono stati reclutati circa 10.000 soggetti sani e più di 4.000 soggetti con tumore (mammella, polmone, gastrico e colon-retto). I risultati per i vari gruppi sono in corso di valutazione.

Nel gruppo di pazienti con carcinoma mammario limitato, non metastatico, asportato chirurgicamente, sono emersi importanti risultati, che sono stati di recente oggetto di pubblicazione in due importanti riviste internazionali, Haematologica ed il Journal of Thrombosis and Haemostasis.

Nel primo studio, lo screening dello stato di ipercoagulabilità prima di iniziare la chemioterapia sistemica post intervento chirurgico, è stato in grado di predire, insieme ad altri marcatori tumorali, quali donne erano ad alto rischio di recidiva. In particolare, i livelli nel sangue di D-dimero e fibrinogeno, due proteine della coagulazione, correlano con le dimensioni del tumore primitivo e la presenza di metastasi nei linfonodi. Inoltre l’aumento dei livelli del frammento 1+2 della protrombina rappresenta un fattore di rischio per la recidiva della malattia nei primi 4 anni dopo la rimozione del tumore.

Nel secondo studio, nella stessa popolazione di pazienti con carcinoma mammario limitato, il test di generazione di trombina, un test globale della coagulazione si è dimostrato essenziale per identificare i pazienti ad alto rischio di recidiva precoce, cioè nei primi due anni dopo l’intervento chirurgico.

Questi risultati evidenziano l’importanza di studiare e monitore i marcatori plasmatici della coagulazione per la valutare la prognosi della malattia tumorale. Inoltre sottolineano il ruolo rilevante della ricerca scientifica in questo campo, non solo per comprendere i meccanismi della progressione tumorale, ma anche per generare strumenti di pronta applicabilità per migliorare la cura dei pazienti.