Lo studio HYPERCAN iniziato nel 2012, grazie al contributo di AIRC, continua attualmente con il supporto di Fondazione ARTET. E’ uno studio italiano multicentrico coordinato da Anna Falanga presso l’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e coinvolge molti centri oncologici italiani. Lo studio è volto a valutare la correlazione tra lo stato di ipercoagulabilità (forte attivazione della coagulazione del sangue) e lo sviluppo di un tumore.
Lo studio comprende 2 diverse coorti di soggetti arruolati prospetticamente:
- Una coorte di soggetti sani, donatori di sangue (HYPERCAN-Sani), nei quali si vuole stabilire se anomalie dei marcatori di attivazione della coagulazione, misurati nel sangue circolante, possono essere una spia precoce, che precede e quindi predice la diagnosi di un tumore ancora occulto.
- Una coorte di soggetti già ammalati di tumore (HYPERCAN-Oncologici), in particolare con tumori della mammella, polmone, colon-retto e stomaco, nei quali si vuole stabilire se gli stessi marcatori di attivazione della coagulazione possono identificare precocemente i soggetti che sono a più elevato rischio di ricadute o sono resistenti alle terapie in corso.
Nello studio HYPERCAN-sani sono stati reclutati circa 10.000 soggetti sani e nello studio Hypercan-Oncologici più di 4.000 soggetti con tumore. I risultati per i vari gruppi sono in corso di valutazione.
Nel sottogruppo di pazienti con carcinoma mammario non metastatico, asportato chirurgicamente, sono emersi importanti risultati, che sono stati di recente pubblicati in tre importanti riviste internazionali, Haematologica, il Journal of Thrombosis and Haemostasis, e TH Open. Nel primo studio, lo screening dello stato di ipercoagulabilità prima di iniziare la chemioterapia sistemica post-intervento, è stato in grado di migliorare l’identificazione di pazienti ad alto rischio di avere una recidiva del tumore nei successivi 4 anni. Nel secondo studio, nella stessa popolazione di pazienti con carcinoma mammario limitato, il test di generazione di trombina, un test globale della coagulazione, si è dimostrato efficace nell’identificare i pazienti ad alto rischio di recidiva molto precoce, cioè nei primi due anni dopo l’intervento. Nel terzo studio, sempre nella stessa popolazione, i risultati del test di generazione di trombina sono stati convalidati con un metodo che misura la generazione di trombina in modo rapido e standardizzabile, riproducibile in vari laboratori, che amplia la possibilità d’uso di questo biomarcatore su ampia scala.
Questi risultati evidenziano l’importanza di monitore i marcatori plasmatici della coagulazione per valutare la prognosi della malattia tumorale. Inoltre, sottolineano il ruolo rilevante della ricerca scientifica in questo campo, non solo per comprendere i meccanismi della progressione tumorale, ma anche per generare strumenti di pronta applicabilità per migliorare la cura dei pazienti.